Dei delitti e delle pene
Cesare Beccaria: Biografia
Giurista ed economista tra i massimi rappresentanti dell’illuminismo lombardo, nacque a Milano nel 1738. Tra gli otto e i sedici anni studiò al Collegio dei gesuiti di Parma, dove conobbe l'amico Pietro Verri; poi entrò all'università di Pavia, dove si laureò in Giurisprudenza nel 1758. Tornato a Milano B. iniziò a occuparsi di filosofia e a leggere gli illuministi francesi più influenti del momento: fu folgorato dalle Lettres persanes (Lettere persiane) di C. Montesquieu, ma lesse anche D. Diderot e J. Rousseau, prestando particolare attenzione ai sensisti (come Étienne Bonnot de Condillac e C. Helvétius), senza trascurare di sostenere la Società dei Pugni fondata dall'amico d'infanzia Pietro e suo fratello Alessandro Verri.
Nel 1760 B. sposò Teresa Blasco contro la volontà del padre, e ne pagò pesantemente le conseguenze: fu buttato fuori di casa e dovette rinunciare ai suoi diritti di primogenitura, ma non solo, la nascita della figlia di lei (Giulia, poi madre di Alessandro Manzoni) fuori dal matrimonio accentuò ancora di più la rottura di B. con le due donne; Giulia, dopo la morte della madre, venne mandata in collegio e dimenticata per quasi tutta la sua breve vita. Intanto, nel 1774, B. sposò in seconde nozze Anna dei Conti Barnaba Barbò ed ebbe il figlio Giulio.
Nel 1762 B. pubblicò il suo primo saggio polemico, stampato a Lucca con il grande sostegno di Pietro Verri, intitolato Del disordine e de’ rimedi delle monete nello Stato di Milano, con l’intenzione di far «passare le nozioni di questa parte della economia politica dal silenzio de’ gabinetti de’ filosofi alle mani del popolo». Nel 1763-64, sempre sollecitato da Pietro Verri e la Società dei Pugni, scrisse Dei delitti e delle pene. Il saggio, di poco più di cento pagine, ebbe un successo immenso e provocò immediatamente una vasta eco di approvazioni e di contrasti: nel 1766 venne messo all’Indice dalla Chiesa e padre F. Facchinei, nelle sue Note ed osservazioni, accusò B. di aver offeso la religione cattolica; Voltaire, al contrario, ne pubblicò un appassionato Commentaire favorendone così la diffusione in tutta Europa. La pubblicazione dell'opera gli valse la cattedra di Economia politica, creata appositamente per lui presso le Scuole Palatine di Milano nel 1768. B. continuò a scrivere e a diffondere le sue tesi anche sulle pagine del Caffè, giornale «illuminista» della Società dei Pugni. Grazie alla sua fama fu eletto consigliere del Supremo Consiglio di Economia, e infine, nel 1791, entrò nella Giunta per la riforma del sistema giudiziario civile e criminale.
Tra i suoi più grandi meriti vi è la promozione di una riforma del codice penale che abolisse la tortura e sostenesse i principi della libera concorrenza. Negli ultimi anni di vita, B. si oppose alle derive dell’illuminismo francese, quando si rese conto che a Parigi si era creata una netta frattura tra quanti continuavano a credere all’azione riformatrice dei sovrani «illuminati» (come la zarina Caterina II di Russia) e quanti erano entrati a far parte del partito rivoluzionario. Sempre più isolato e influenzato dalle riflessioni di Jean-Jacques Rousseau, si dedicò a impegnative riflessioni filosofiche, che vennero sistematizzate nelle Ricerche intorno alla natura dello stile, la cui prima parte fu pubblicata nel 1770, e la seconda postuma nel 1809. Morì a Milano nel 1794.
Opere: scritti e manoscritti
- • Del disordine e de' rimedi delle monete nello Stato di Milano nell'anno 1762
- • Dei delitti e delle pene
- • Ricerche intorno alla natura dello stile
- • Elementi di economia pubblica
Collegamenti esterni:
- • Cesare Beccaria su Wikipedia
- • Cesare Beccaria nel Dizionario Biografico dell'Enciclopedia Treccani
- • Cesare Beccaria nell'Enciclopedia Treccani
- • Cesare Beccaria: Contributo italiano alla storia del Pensiero: Enciclopedia Treccani (Diritto)
- • Cesare Beccaria nel Dizionario di Economia e Finanza dell'Enciclopedia Treccani
Cesare Beccaria: Opere in catalogo