Icona lettera P

Poeta dal vissuto sofferto e turbolento nacque a Marradi, nell’Appennino tosco-romagnolo, nel 1885, dal padre Giovanni, maestro elementare e poi direttore didattico, e Francesca Luti, donna severa affetta da disturbi compulsivi. Dopo un’infanzia apparentemente tranquilla, intorno ai quindici anni, C. cominciò a manifestare i primi segni di squilibrio mentale, ma riuscì lo stesso a frequentare la scuola. La nevrosi della madre e i difficili rapporti con lei, stimolarono le incomprensioni dei familiari e dei vicini di casa peggiorando la situazione; ben presto il giovane C. si ritrovò deriso da tutto paese, e al contempo trattato malamente dai familiari a causa dei suoi disturbi nervosi. Dopo aver conseguito la maturità classica nel 1903, C. frequentò i corsi di chimica nelle prestigiose università di Bologna e Firenze, ma nel 1905 venne internato nel manicomio di Imola. Per sfuggire al manicomio, C. decise di accettare la proposta della famiglia di trasferirsi in Argentina da lontani parenti, ma questo suo presunto viaggio resta un punto particolarmente oscuro nella sua biografia perché c’è anche chi, come Ungaretti, sostiene che C. non vi si sia mai recato veramente. Nel 1909 venne arrestato a Marradi e internato al San Salvi di Firenze, e dopo una fuga arrestato nuovamente a Bruxelles e internato a Tournay.

Icona lettera R

Rimpatriato con l’aiuto della famiglia, C. si immatricolò una seconda volta all’univ. di Bologna, fra il 1912 e il 1913, e pubblicò i primi frammenti dei futuri Canti orfici sui fogli dei goliardi bolognesi (Il Papiro, 1912 e Il Goliardo, 1913). Pochi mesi più tardi ne consegnò il manoscritto a Papini e a Soffici, suo lontano parente, i quali però non lo presero in considerazione e lo persero tra le altre carte (il manoscritto fu ritrovato solo nel 1971 a casa di Soffici). Nel 1914, con l’aiuto degli appunti, C. riscrisse tutta l’opera, ampliandola e migliorandola e la pubblicò a proprie spese con il titolo di Canti orfici, con riferimento alla figura mitologica di Orfeo. I Canti vennero accolti favorevolmente da alcuni critici letterari, tra cui Giovanni Boine e Giuseppe De Robertis. Nel 1916 C. incontrò la giovane scrittrice esordiente Sibilla Aleramo, autrice del romanzo Una donna, con cui ebbe una breve e burrascosa storia d’amore, interrotta nel 1918 dal rapido peggioramento delle sue condizioni psichiche; C. fu internato nel manicomio di Castel Pulci, presso Firenze, con una diagnosi di ebefrenia (una forma di psicosi schizofrenica estremamente grave e incurabile). Morì nel 1932 in seguito ad una setticemia, forse dovuta ad una ferita riportata dopo l’ennesimo tentativo di fuga dal manicomio.

 

Opere: scritti e manoscritti

  • Canti orfici
  • Il più lungo giorno

 

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