Icona lettera P

Poeta italiano premio Nobel per la letteratura nel 1906, nacque a Valdicastello (in Versilia) il 27 luglio 1835, ma trascorse la giovinezza tra Castagneto e Bolgheri (in Maremma) dove il padre Michele si era trasferito a esercitare la professione di medico condotto. La sua giovinezza a contatto con una natura selvaggia e primitiva, accompagnato da un lupo, una civetta e un falco, ritornò più tardi nella sua poesia come simbolo di un Eden perduto. Le idee rivoluzionarie del padre lo resero sempre più povero, al punto da non permettergli di dare un’educazione al figlio e fargli frequentare le scuole, pertanto incaricò il sacerdote della parrocchia di impartirgli le lezioni di latino durante il giorno, mentre la sera era lui stesso a fargli lezione. Il programma scolastico serale prevedeva soprattutto lo studio e la lettura dei classici latini e italiani, e fu in questi anni che sotto l’influenza del padre il giovane C. scrisse le sue prime composizioni in terzine (Satira a una donna 1845, e Canto all’Italia 1847). Quando nel 1849 il padre perse il lavoro, la famiglia Carducci si trasferì a Firenze, dove il giovane C. continuò gli studi presso le scuole dei Padri scolopi. Nel 1853 vinse il concorso per l’ammissione alla Scuola normale superiore di Pisa, e si laureò in Filosofia e Filologia nel 1856; lo stesso anno iniziò la sua carriera di professore al ginnasio di San Miniato al Tedesco. Nel 1857 uscì il primo volume delle Rime nell’edizione di Ristori, e terminato l’incarico al ginnasio di San Miniato, C. si propose presso l’editore Barbera di Firenze come curatore di un’edizione di tutte le opere di Angelo Poliziano. L’editore gli propose inoltre di curare anche la parte filologica e tipografica di una collana di classici, ma quell’anno fu segnato dalla tragica scomparsa del fratello cadetto Dante (che si suicidò il 4 novembre dopo un violento litigio in famiglia) e quella del padre qualche mese dopo (morto di crepacuore il 15 agosto 1858). C. dovette quindi assumersi l’onere di capo famiglia e occuparsi del mantenimento della madre e del fratello minore Valfredo, e rimasti in tre decisero di presero in affitto una soffitta a Firenze. Nel 1859 C. sposò la lontana cugina Elvira Menicucci, con la quale ebbe cinque figli: Francesco (morto dopo la nascita), Beatrice, Laura, Libertà e Dante (morto a tre anni, nel 1870). Nel 1860 fu nominato professore di latino e greco al liceo di Pistoia, e poco dopo fu chiamato dal Ministro dell’istruzione Terenzio Mamiani a ricoprire la cattedra di Eloquenza presso l’università di Bologna, dove C. si trasferì con la famiglia.

Icona lettera L

La notte del 10 settembre 1863, C. scrisse di getto il famoso Inno a Satana e lo pubblicò due anni dopo in poche copie per gli amici con lo pseudonimo di Enotrio Romano. Il suo orientamento politico estremista gli costò una sospensione dall’insegnamento e dallo stipendio per due mesi e mezzo (1868). In quello stesso anno pubblicò la raccolta poetica Levia gravia di Enotrio Romano, titolo ispirato ad un verso di Ovidio. Il 1870 fu per C. un altro anno tragico: gli morirono infatti la madre e il figlioletto Dante, al quale dedicherà una delle sue poesie più famose, Pianto antico. Nel 1871 conobbe Carolina Cristofori Piva, con la quale iniziò un’appassionata relazione durata fino al 1878; alla donna si ispirarono i personaggi di Lina nelle Primavere elleniche (1872), e quello di Lidia nelle Odi barbare (1877). Sempre nel 1871 pubblicò una raccolta di Poesie, suddivisa in tre parti: Decennalia (versi d’ispirazione politica e sociale), Levia gravia e Juvenilia (poesie giovanili). La pubblicazione delle Poesie fu accolta con il favore della critica e del pubblico e diede un notevole risalto alla sua figura di poeta. Nel 1873 uscirono le Nuove poesie (che saranno poi comprese nelle Rime nuove del 1887), che costituirono il primo momento alto, maturo, della poesia carducciana. L’anno seguente furono pubblicati invece i suoi Studi letterari, seguiti, nel 1876, dai Bozzetti critici e discorsi letterari. Lo stesso anno C. vinse le elezioni come candidato repubblicano, ma non riuscì per un soffio ad entrare in parlamento, però da quel momento i suoi orientamenti politici mutarono del tutto, al punto che nel 1878 scrisse un’ode Alla regina d’Italia. Nel 1877 uscirono le Odi barbare, nelle quali C. volle riproporre la metrica classica della poesia greca e latina, e quest’opera gli portò fama e notevole prestigio anche in ambito accademico, tanto che tra i suoi allievi tra gli altri cominciarono ad esserci anche Giovanni Pascoli e Severino Ferrari. In quegli anni all’Università di Bologna, C. iniziò anche a scrivere su periodici di larga diffusione (Fanfulla della domenica, Domenica Letteraria, Domenica del Fracassa, Cronaca bizantina), cosa che aumentò a dismisura la sua popolarità. Nel 1882 pubblicò l’edizione definitiva di Giambi ed epodi, la cui origine è nei Decennalia, e le Nuove odi barbare, che saranno seguite nel 1889 dalle Terze odi barbare. Nel 1885 C. fu colpito dal primo attacco di paralisi al braccio destro, ma si riprese subito. Nel 1890 venne nominato senatore del Regno d’Italia e conobbe la giovane poetessa Annie Vivanti (1868-1942), con la quale instaurò una relazione sentimentale e alla quale dedicò la poesia Ad Annie e la prefazione alla raccolta di versi Lirica. Nel 1899 pubblicò la sua ultima raccolta, Rime e ritmi, comprendente poesie scritte fra il 1887 e il 1898. Nel 1904, a causa di un nuovo attacco di paralisi, dovette lasciare definitivamente l’insegnamento universitario e ricevette la stessa pensione che era stata conferita precedentemente al Manzoni; la sua cattedra venne assegnata due anni dopo a Giovanni Pascoli. In quegli anni curò egli stesso, presso Zanichelli, l’edizione delle sue Opere in venti volumi (1889-1905) e nel 1906 gli fu conferito il Premio Nobel per la letteratura. Morì a Bologna il 16 febbraio 1907 e fu tumulato con esequie solenni alla Certosa di Bologna.

 

Premi e onoreficenze:

Premio Nobel per la letteratura - nastrino per uniforme ordinaria Premio Nobel per la letteratura, 1906.

«Non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all'energia creativa, alla purezza dello stile e alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica».

 

 

Opere: scritti e manoscritti

  • Rime
  • Levia Gravia
  • Poesie
  • Primavere elleniche
  • Nuove poesie
  • Del senso delle cose e della magia
  • Odi barbare
  • Juvenilia
  • Levia Gravia
  • Giambi ed Epodi
  • Nuove odi barbare
  • Rime nuove
  • Terze odi barbare
  • Delle Odi barbare. Libri II ordinati e corretti
  • Rime e ritmi
  • Poesie (MDCCCL-MCM)

 

Collegamenti esterni:

Opere in catalogo

 

 

 

 

 

 

 

 

  • A Giulio Perticari

  • Della canzone di Legnano

  • Gambi ed epodi

  • Inno a Satana

  • Intermezzo

  • Juvenilia

  • Levia Gravia

  • Odi barbare

  • Rime e ritmi

  • Rime nuove