Commediografo e attore molto conosciuto nelle corti padovane del Cinquecento, nacque a Padova intorno al 1496, figlio naturale del medico Giovan Francesco Beolco, professore presso la Facoltà di medicina dell’Università di Padova. L’ambiente colto e agiato in cui crebbe gli assicurò un’educazione raffinata e di altissimo livello, tanto che ci sono giunte notizie di sue rime giovanili scritte a imitazione del Petrarca. Ma decisivi per la sua carriera da commediografo e attore, furono l’amicizia e il supporto del patrizio Alvise Cornaro, ricco possidente terriero e rappresentante dell’umanesimo veneto: la loro amicizia coincise con il definitivo abbandono del linguaggio poetico a favore della prosa. Sotto la sua protezione il B. si dedicò all’amministratore dei beni fondiari della famiglia, ed è grazie a tale attività che venne per la prima volta a contatto diretto con le classi contadine di cui era affittuario. Con l’aiuto di Cornaro e un nutrito gruppo di nobili padovani, il B. cominciò a mettere in scena spettacoli in cui assumeva sempre la maschera del Ruzzante (o Ruzante), termine che va ricondotto al dialettale «rucare», che significa “brontolare”, “borbottare”, “parlare non chiaramente”, maschera del contadino padovano sensuale, famelico e poltróne. Questo personaggio finì per identificarsi con il suo nome d’arte sulla scena.

Il Cornaro fu per B. committente e sostenitore delle diverse fasi della sua creazione artistica, e segnò il suo passaggio da un’attività teatrale amatoriale per le compagnie della Commedia dell’Arte, attività legata solo ai carnevali veneziani (Pastoral, 1517-20, e la Betìa, 1524-25), a una fase più «impegnata» (1527-31) rivolta alle rappresentazioni nei teatri di corte e nei palazzi, giocata sui temi della vita contadina e della guerra, prevalentemente in dialetto pavano, dove i personaggi sono i «villani» rudi ed elementari, dalla comicità rozza e dirompente. In questa seconda fase vennero composti i capolavori del B.: i tre Dialoghi, la Moscheta, la Fiorina, oltre ad alcune importanti collaborazioni con l’Ariosto per l’allestimento delle commedie presso la corte degli Este a Ferrara. Segue una terza breve fase nella produzione del Ruzzante (1531-32), legata alla ripresa dei modelli plautini (ne abbiamo un esempio nella Piovana e nella Vaccària). La Littera all’amico Alvarotto, del 1536, è l’ultimo testo pervenutoci del B. in arte Ruzzante. Ma B. continuò a promuovere e progettare rappresentazioni a Padova e a Venezia, l’ultima su incarico dell’Accademia degli Infiammati, fu la tragedia Canace di Sperone Speroni, che prevedeva il B. nell’inedito ruolo di protagonista tragico, ma la sua morte improvvisa nel 1542, ne impedì la realizzazione.

 

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Angelo Beolco Ruzante: Opere in catalogo

GLOSSARIO

famèlico
Sinonimo di affamato, che ha fame.
poltróne
Persona pigra e svogliata, che non ha voglia di lavorare e ama stare a poltrire, senza fare niente.