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oeta del Duecento di cui non si hanno notizie storiche certe: pare sia vissuto tra il 1230 e il 1250 circa e che si chiamasse Gualtiero. Secondo N. Sapegno ed E. Cecchi, nella loro Storia della letteratura italiana, Papa Innocenzo IV lo citò in uno scritto del 1250 come un suo fedele sostenitore. Di lui però sono rimasti tre sonetti sull’amor cortese, scritti in tenzone con il più celebre Giacomo da Lentini, probabilmente scritti a Tivoli nel 1241 sotto l’influenza della scuola siciliana di Federico II di Svevia di cui Giacomo da Lentini era il caposcuola.

Sommario

  • SONETTI
  • Tenzone con il Notaro Giacomo da Lentini
  • 1. Oi! Deo d’amore, a te faccio preghera (Abate di Tivoli)
  • 2. Feruto sono isvariatamente (Giacomo da Lentini)
  • 3. Qual omo altrui riprende spessamente (Abate)
  • 4. Cotale gioco mai non fue veduto (Giacomo)
  • 5. Con vostro onore facciovi uno ’nvito (Abate)

 

 

SONETTI

 

TENZONE CON IL NOTARO GIACOMO DA LENTINI

 

Dal cod. ms. Vat. lat. 3793

 

1. L’ABATE DI TIVOLI

 

Oi deo d’amore, a te faccio preghera

ca mi ’ntendiate s’io chero razone:
cad io son tutto fatto a tua manera,
cavelli e barba agio a tua fazone,
ed ogni parte aio, viso e cera,5
e segio in quatro serpi ogne stasgione,
per l’ale gran giornata m’ è legera,
però fui fatto a tua sperasgione.

E son montato per le quattro scale,

e som asiso; ma·ttu m’ài feruto10
de lo dardo de l’auro, ond’ ò gran male,
chè per mezzo lo core m’ à partuto.
Di quello de lo piombo fa’ altretale
a quella per cui questo m’ è avenuto.

 

 

2. NOTARO GIACOMO

 

Feruto sono isvariatamente:

Amore m’ à feruto; o! per che cosa ?
cad io degia dire lo convenente
di que’ che di trovar non ànno posa.
Cà dicon ne’ lor detti fermamente,5
c’ Amore à deità im sè richiosa;
ed io lo dico che non è neiente,
ca dio d’amore sia od essere osa.

E chi me ne volesse contastare,

i’ gliene mostreria rasgione avanti,10
ca Dio non è se non una deitate;
e Dio in vanità non vi pò stare.
Voi che trovate novi detti tanti,
posatelo di dir, chè voi pecate.

 

 

3. L’ABATE DI TIVOLI

 

Qual omo altrui riprende spessamente

a re’ rampogne viene tale fiate.
A te lo dico, amico, imprimamente,
cà non credo ca lealmente amiate.
S’ Amor t’avess’ feruto coralmente,5
nom parleresti per divinitate;
inanti credereste certamente
c’Amore avesse im sè gran potestate.

Amore à molto scura canoscenza;

sì n’ adivien come d’una bataglia:10
chi sta veder riprende chi combatte.
Quella ripresa non tegno a vaglienza.
Chi acatta lo mercato sa che vaglia;
chi leva sente più che quel che batte.

 

 

4. NOTARO GIACOMO

 

Cotale gioco mai non fue veduto,

c’ agio vercogna di dir ciò che sento,
e dottovi che non mi sia creduto,
perc’ ogn’ omo ne vive a scaltrimento.
Pur un poco sia d’Amor feruto,5
sì si ragenza e fa suo parlamento,
e dice: «Donna, s’ i’ non ò il tuo aiuto,
i’ me ’nde moro, e fonne saramento».

Grande noia mi fanno i menzonieri,

sì ’nprontamente dicon la menzogna;10
ma io lo vero dicolo volontieri.
Ma tacciolmi, che no mi sia vergogna;
cà d’ogni parte, Amor, ò pemsieri
ed entra meve com’ agua in spogna.

 

 

5. L’ABATE DI TIVOLI

 

Con vostro onore facciovi uno ’nvito,

ser Giacomo valente, [a cui mi chino];
lo vostro amor voria fermo e compito,
e per vostro amor ben amo Lentino.
Lo vostro detto, poi ch’io l’àgio adito,5
più mi rischiara che l’airo serino.
Magio imfra li mesi è ’l più alorito,
per dolzi fior, che spande, egli è ’l più fino.

Or dumque a magio asimigliato sete,

chè spandete [fiori dolzi] ed amorosi,10
più di nullo altro amador c’omo saccia.
Ed io v’amo più che non credete;
se ’nver di voi trovai detti noiosi,
riposome ’nde, alora c’ a voi piaccia.

 

 

Bibliografia:
Contini, Gianfranco, Poeti del Duecento, Milano : R. Ricciardi, 1995.
Dal testo alla storia, Dalla storia al testo, a cura di Baldi, Giusso, Razetti, Zaccaria, Paravia, 1993.
Giacomo, da Lentini, Langley, Ernest F. (editor), The poetry of Giacomo da Lentino, Sicilian poet of the thirteenth century Cambridge : Harvard University Press, 1915.
Manoscritto del Canzoniere Vaticano latino 3793, Città del Vaticano : Biblioteca Apostolica Vaticana, 1276-1325 (cod. ms. Vat. lat. 3793 - Riproduzione digitale).

 

Nota filologica: I testi qui riprodotti, a cura di Silvia Licciardello, seguono la variantistica proposta dall’edizione Langley, Harvard University Press.

 

 

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GLOSSARIO

cortéṡe
Che ha le qualità proprie della persona di corte, cioè soprattutto nobiltà, gentilezza, liberalità. Lirica c., la poesia volgare fiorita nelle corti feudali dei sec. 12° e 13°, spec. in Provenza e poi in Italia, nella quale l’amore del poeta alla sua donna (amor c.), paragonabile all’omaggio che il cortigiano rivolge alla sua signora, promuove ed esalta la virtù di chi ama. Per estens., la poesia anche posteriore che s’ispira a un’analoga concezione dell’amore.